AIKIDO

(DA UN INTERVISTA AL MAESTRO GIAMPIETRO SAVEGNAGO SULL'AIKIDO)

AI (armonia) KI (energia) DO (via) è il risultato di lunghi anni di studio condotti dal suo fondatore, Morihei Ueshiba, nel campo delle principali specializzazioni della tradizione marziale giapponese, conosciuta in epoca feudale come Bujutsu
Elegante arte di autodifesa finalizzata alla neutralizzazione mediante bloccaggi, leve articolari e proiezioni di uno o più aggressori armati o disarmati, l'Aikido è soprattutto sintesi ed evoluzione di antiche tecniche mutate dal Jujutsu classico e dal Kenjutsu (la pratica della spada), da cui trae la propria originalità ed efficacia in una serie di movimenti basati sul principio della rotazione sferica.

L'esperienza che si raggiunge con la pratica ad alto livello porta ad affrontare il rapporto con sé stessi e gli altri. La natura dell'uomo conosce la violenza, l'aggressività così come la pace, l'armonia e la collaborazione, allo stesso modo il praticante imparerà a vivere ed esprimersi in armonia.

Le tre tecniche

Molte arti marziali per tradizione si articolano sul numero tre, per motivazioni filosofiche e religiose; lo stesso vale per l'uomo che si può idealmente dividere in una parte materiale (le gambe), una vitale (l'addome) ed una spirituale (la mente). Tre sono anche i modi di lavorare dell'Aikido:

Tecniche a mani nude con le varianti in suwari-waza (in ginocchio), in hanmi-hantachi-waza (uno in ginocchio l'altro in piedi) e in tachi-waza (entrambi in piedi). Lavorare a mani nude rappresenta la piena libertà di muoversi.
Tecniche di Jo (bastone): sincronizzano il movimento delle due mani, studiano la relazione fra mani e piedi per trovare la giusta distanza di sicurezza con il compagno.
Tecniche di Bokken (spada di legno): massima espressione del giusto tempo d'entrata e di controllo.

Tre anche ritmi: jo, ha, kyu e le espressioni, i momenti della lezione: aikitai, aikijo, aikiken (che verranno affrontati in un successivo approfondimento).

L'Aikido non si vive resistendo al colpo col corpo rigido, occorre imparare a utilizzare l'energia irradiante per andare avanti ed entrare nello spazio avversario.
La base dell'Aikido è il contatto: questo è il punto di partenza dell'energia irradiante. Si lavora a sfera, utilizzando tecniche che riprendono cerchi che portano o alla chiusura - immobilizzazione o all'apertura - proiezione. E' un gioco fra due forze che si contrappongono e le loro risultanti; si utilizza l'energia irradiante, la tecnica dirompente e quando si arriva al contatto la forza si sprigiona provocando lo squilibrio del compagno. Indispensabile è entrare nel cerchio dell'avversario e raggiungerne il centro. Il ki, l'energia vitale, è già dentro ognuno di noi fin dalla nascita, occorre riscoprirlo, riuscire ad usarlo spontaneamente concentrandone la direzione attraverso le tecniche.
L'Aikido insegna ad armonizzare le energie mentali e fisiche, è un'arte che si sviluppa quando la vivi, occorre unire anima e corpo nel momento; non esiste azione se non si ha controllo, non si parla di parata e contrattacco, ma di controllo ed entrata. L'Aikido non ha guardia, per dare libertà all'attacco di esprimersi e così si impara a controllare il centro, concatenare i cerchi e coprire i punti deboli.

Ci spiega infatti il Maestro Gianpietro Savegnago che "la tecnica è fatta di cose semplici al momento giusto", è una scelta di tempo e non una condizione di forza o rigidità. Trovo energia in uno spostamento effettuato nel giusto tempo in cui riesco a catturare l'instabilità del compagno. E' lo stesso principio della spada: mi devo inserire con il profilo, così riesco ad avanzare maggiormente nello spazio dell'avversario. Anche la caduta è una forma di energia libera, occorre sentirla e si acquisiranno sensibilità e riflesso se vista dal lato giusto; proprio per questo non si deve pensare ho perso perché sono caduto, anzi è il contrario, perché si sviluppa una parte importante che lavora sulla sensazione. Non c'è gara nell'Aikido: le due parti vincono assieme. E' un'arte impostata sul rispetto di entrambi dove si vince con il proprio compagno. Non c'è antagonismo per scelta, esiste invece l'accettazione del ruolo: colui che accetta di cadere e favorisce la fusione delle tecniche portate dall'attaccante diventerà un buon maestro perché avrà lo spirito giusto, il cuore.
Ma dov'è il cuore "spirituale" dell'uomo? 
Alcuni potrebbero associarlo là dove abita il sentimento, altri vicino alla ragione, per me il cuore è nelle mani: rappresentano la creatività, hanno un suo minimo e un suo massimo, sono da sempre segno di preghiera e di espressione artistica. Allora se nell'uomo persistono due centri, quello fisico (il baricentro) e quello spirituale, il praticante di Aikido deve cercare di farli lavorare assieme, per questo occorre sviluppare la creatività e la fantasia. Anche per questo motivo non ci sono gare, per non limitare il cuore. Alla fine della lezione siamo contenti in due perché abbiamo sviluppato le tecniche assieme e non sentimenti negativi. Le tre 'parti' dell'Aikido (Aiki-do tecnica, Aiki-jo bastone e Aiki-ken spada) si concatenano e rappresentano una sintesi delle armi il cui obiettivo è imparare e arrivare ad una spiritualità "Koko-rò" cuore del sentimento. Si può avere la migliore tecnica ma se non si possiede il cuore per usarla non si arriverà mai veramente ad impadronirsi dell'arte marziale".


"Lo studio della storia dell’Arte di UESHIBA Morihei, Shomen dell’Aikido moderno, per certi versi richiede una ricerca difficile ed assai elaborata, legata cO-Senseiom’è a tradizioni marziali assai diverse come quelle del Giappone e della Cina ed intrisa di spiritualilà Shinto, ma certamente non disgiunta da cultura buddista e taoista; per altri versi dico solo che gran parte di ciò che si conosce è il risultato d’una voluta mistificazione. La grandezza di un uomo sta nella sua capacità di intuire, per questo affermo cheAIKIDO O-Sensei UESHIBA MORIHEI fu un grand’uomo, capace non solo di grandi intuizioni, ma anche di tradurle nella pratica. Egli studiò e ricercò con una forza che solo i sogni tanto desiderati sanno dare agli uomini che li perseguono . Egli seppe essere teorico e concreto . Seppe dare se stesso alle stereotipate pratiche marziali di quel tempo, donando loro, nuovo vigore, originalità, utilità e brillantezza .
Molti studiarono sotto la Sua illuminata guida, pochi compresero.
Tanti si definirono Suoi allievi per essere stati qualche tempo sotto i Suoi insegnamenti. Ma se gli occhi non ingannano, ciò che si può vedere è solo pochezza, quello che esprimeva O-Sensei era invece grandezza.
Questo è quanto io ho potuto vedere nel Suo Figlio spirituale, in KOBAYASHI HIROKAZU Shihan:
grandezza.
Grande fu la Sua pratica, grandi le Sue parole e soprattutto Lui fu vero uomo ed un buon Maestro.
Vogliamo chiamare AIKIDO la loro Arte? Ebbene facciamolo.
L’AIKIDO è solo una parola convenzionale, su cui notissimi Autori hanno costruito grattacieli di parole, le più bizzarre, le più varie, le più interessate, non dico per questo che siano le più errate o le più giuste, non dico nulla in proposito, mi limito a sorridere.
L’AIKIDO non è questo, né quello, non somiglia, non deriva, è punto e basta.
Tante sono le scuole giapponesi ed Asiatiche che hanno portato tale nome, io conosco meglio quello di Ueshiba o meglio quello di KOBAYASHI, mio Shihan ed ora conosco bene quello mio."

(tratto da “Otoko no Tamashi - Lo spirito dell’uomo” del Maestro Suriano, di prossima pubblicazione.)